Per una vera accoglienza…
Le proteste messe in atto, negli scorsi giorni, da alcuni ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) attivato nell’ex hotel “La Rocca” di Romando di Lombardia riaccendo l’attenzione sulle grosse criticità dell’attuale sistema d’accoglienza dei richiedenti asilo. Il fenomeno migratorio, che ormai ha una sua intrinseca cronicità e che vede l’Italia particolarmente esposta, non può essere affrontato con interventi “tampone” legati all’emergenza ma occorre attivare una reale programmazione stabilendo un serio rapporto di sinergia ed alleanza (con regole chiare e precise) tra Stato, Prefetture e Comuni. Ed invece, come la situazione di Romano evidenzia, i Sindaci si ritrovano a dover affrontare sul proprio territorio le problematiche di un’accoglienza “calata” forzatamente dall’alto, dai numeri estremamente elevati e senza un reale coinvolgimento istituzionale degli Enti e, tantomeno, un lavoro di integrazione col territorio locale. Tale situazione è riscontrabile anche sul territorio della Valtaleggio, dove una piccola comunità locale deve convivere con un Centro di Accoglienza dai numeri elevati e con personale operativo esiguo e, quindi, con residua progettualità.
Com’è possibile parlare di accoglienza se, com’è nell’ex hotel “La Rocca”, sono inseriti oltre 160 ospiti (numero quasi doppio rispetto alla capacità ricettiva della struttura), in condizioni igienico-sanitarie precarie, con problematiche legate all’alimentazione, senza particolare supporto educativo e di integrazione con la comunità locale, senza riconoscimento del diritto alla residenza e, pertanto, senza un’adeguata assistenza sanitaria… Questa non è accoglienza e, tantomeno, rispetto e cura della dignità dell’altro!
Occorre rilanciare, in sinergia con le amministrazioni comunali,
un grande piano per l’accoglienza diffusa, al fine di evitare grandi concentrazioni di persone accolte in poche singole strutture con l’obiettivo di riaffermare, anche attraverso il pieno coinvolgimento del Terzo Settore, un sistema di accoglienza di qualità, supporto alla persona, consulenza legale e psicologica, insegnamento della lingua italiana, corsi di formazione ed attività d’integrazione col territorio locale. Tutte cose in parte presenti nella tradizione migliore dell’accoglienza organizzata italiana (quella riferibile ai progetti SPRAR e SAI) e progressivamente smantellata dall’azione del Governo. Bisogna porre fine ai grandi CAS per riproporre un’accoglienza diffusa in piccole strutture distribuite sul territorio anche come condizione necessaria per l’inclusione sociale e per rendere più sicure le nostre comunità. Se i numeri sono ridotti è certamente più facile che il Comune riconosca ai migranti accolti il diritto alla residenza. Si deve, inoltre, come sottolinea l’ANCI, dare vita ad un fondo nazionale per le politiche migratorie a cui possano accedere i Comuni.
In quest’ottica è allora fondamentale provvedere ad una nuova Legge quadro sull’immigrazione, che sostituisca la Bossi-Fini, e realizzare un piano stabile, anche in termini di programmazione e risorse economiche, per l’accoglienza e l’integrazione: temi che il Governo non intende proprio affrontare! Basta osservare gli interventi sulle politiche migratorie dei Decreti Salvini e del successivo Decreto Cutro.
Il Governo Meloni prosegue con i lavori per realizzare, in Albania, due centri per la gestione dei migranti soccorsi in acque italiane. Operazione che riteniamo costosa e propagandistica! Quello che invece servirebbe sarebbe un impegno maggiore per dare priorità al miglioramento dei sistemi nazionali di asilo e accoglienza.
Fabio Defendi – Delegato immigrazione e fragilità PD Bergamo