Lunedì 15 marzo si sono riunite Assemblea e Direzione provinciale. Qui sotto il video con gli interventi nel corso della serata e di seguito la relazione del Segretario Provinciale Davide Casati.
Carissime democratiche, carissimi democratici,
le dimissioni del Segretario Nazionale Nicola Zingaretti annunciate via Facebook lo scorso 4 marzo e formalizzate pochi giorni dopo – nonostante i molti appelli, tra i quali anche quello di Bergamo sottoscritto da molti dei nostri segretari di circolo e coordinatori di zona – hanno aperto una ferita molto profonda nella comunità democratica.
Sono stati giorni in cui hanno prevalso sentimenti di forte negatività nei nostri iscritti e simpatizzanti.
Ho ascoltato molti “sfoghi” dei nostri iscritti: parlare e confrontarsi è stato importante, anche se di fronte ad un monitor, per cercare di ritrovare la nostra “bussola”.
La comunità dimostra di esistere e di essere vera nei momenti più difficili e quando lunedì scorso ci siamo riuniti on line con tutti i nostri segretari di circolo e i coordinatori di zona ho ritrovato il senso anche del mio servizio di questi anni.
Ho sentito il cuore, la passione, la voglia ancora di lottare, il desiderio di non mollare, nonostante tutto. Interventi di buon senso, di responsabilità, di maturità che ancora una volta hanno dimostrato al PD nazionale la necessità di ripartire dai fondamentali e dalla base per non perdere questa ricchezza.
Dobbiamo ripartire da persone competenti, empatiche ed appassionate, persone radicate nei territori e credibili agli occhi degli elettori, da chi sa davvero costruire anche nella “comunità partito” rapporti umani trasparenti, veri, non caratterizzati da personalismi, egoismi, invidie e gelosie.
Per riprendere la metafora di Enrico Letta usata ieri mattina in assemblea nazionale: ripartiamo dai “volti” e non dalle “maschere”.
Quando ciò non avviene la “comunità” non tiene, ci si divide, ci si organizza in correnti che non portano linfa vitale, idee e proposte, ma disperdono energie, creando dinamiche di contrapposizione che fanno allontanare le persone dalla politica.
Perché all’interno di certi meccanismi la politica anziché essere una “cosa bella” diventa e viene percepita come un qualcosa di “sporco”, di mera spartizione del potere e non invece di costruzione del bene comune.
Le parole usate da Zingaretti hanno fatto male, perché hanno esposto tutti noi ad un senso di vergogna nei confronti del PD che nessuno si merita, danneggiando l’immagine del partito agli occhi della gente comune.
Non so con esattezza cosa sia accaduto per portare Nicola Zingaretti alle dimissioni; la dialettica interna sicuramente in queste settimane è stata difficile e complicata ma è anche vero che quando non si fanno “nomi e cognomi”, precisando le responsabilità e i motivi di una scelta così forte, il rischio (che è realtà) è di “colpire tutti”.
CHE FARE ORA?
Adesso dobbiamo voltare pagina, riaprire una fase che deve essere “ricostituente”, che non significa mettere la polvere sotto il tappeto, o ignorare certi limiti che continuano ad emergere e che ci hanno costretto a cambiare il segretario nazionale ogni due anni, pur avendolo eletto con una forte investitura popolare tramite le primarie e confermando tra l’altro sempre il voto degli iscritti avvenuto prima del coinvolgimento degli elettori.
Abbiamo di fronte mesi complessi per il Paese e per il PD. Lo scenario politico è completamente cambiato e anche il nostro partito deve capire come e dove ricollocarsi in questo nuovo contesto.
“Cosa facciamo e come stiamo” nel Governo Draghi? Da protagonisti? O da coloro che rincorrono le scelte?
Il Governo Draghi è un’opportunità, non un ostacolo. Un’opportunità di crescere, di dare risposte concrete alle persone, un governo con una base valoriale incarnata dal Presidente del Consiglio che ci è affine.
E non possiamo certo lasciare agli altri partiti la paternità di questo governo!
Dobbiamo ri-costruire la nostra identità facendo leva anche sui contenuti che Mario Draghi ha proposto e attuerà col suo governo. È evidente che l’“agenda Draghi” non sarà identica a quella del PD essendo il governo Draghi un governo di unità nazionale che comprende anche Lega e Forza Italia ma sicuramente starà a noi essere stimolo, volano, protagonisti appunto.
Ma come possiamo essere protagonisti? Su quali contenuti, con quali proposte? Con quale stile?
Le elezioni amministrative di ottobre hanno una valenza politica nazionale, perché coinvolgono le grandi città. Ed è fondamentale avere una classe dirigente nazionale che sappia guidare il PD in questa sfida decisiva. Con proposte chiare, con uno stile che ci fa ritrovare un’empatia perduta con le persone.
A fine gennaio 2022 si eleggerà il nuovo Presidente della Repubblica, la figura più importante per la tenuta democratica del nostro Paese. Ed il ruolo del PD coi suoi parlamentari sarà decisivo.
E tutto questo in mezzo ad una crisi sociale, sanitaria ed economica gravissima, la più grave dal Dopoguerra.
Per far fronte a tutto ciò il PD deve cambiare! Radicalmente. Non possiamo far finta di nulla.
Ieri Enrico Letta è stato chiaro per come farlo e con quale stile: dobbiamo essere “progressisti nei valori, riformisti nei metodi, radicali nei comportamenti individuali”.
L’elezione del nuovo Segretario Nazionale ci aiuterà a navigare in questo mare aperto, sono certo che sarà una guida preziosa per la nostra comunità e per il Paese.
E da Bergamo auguriamo a lui un buon lavoro e confermiamo il nostro pieno sostegno.
LA RIGENERAZIONE NECESSARIA
Ma non basterà. Serve un “movimento di popolo”, una rigenerazione. E serve ritrovare l’orgoglio di appartenere al PD perché solo se orgogliosi e convinti del nostro progetto politico si riesce a trasmettere ciò in cui si crede e soprattutto convincere le persone a fidarsi di noi. Dobbiamo essere coloro che affrontano la crisi dei “corpi intermedi”, tanto preziosi quando le crisi sociali ed economiche ci coinvolgono. Una società “sfilacciata” da riunire, tessendo relazioni e legami, e per farlo dobbiamo prima guardare dentro di noi per ritrovare il “senso” più profondo del Partito Democratico.
C’è un popolo disorientato, smarrito, senza riferimenti che sta aspettando una nuova chiamata, che sta aspettando qualcuno che lo faccia ri-sentire a casa, che lo ascolti e che agisca, con umiltà ma allo stesso tempo con forza e decisione, facendo sentire tutti parte di una sfida collettiva, di un NOI che in questi anni abbiamo dimenticato.
Spesso leggo che per fare tutto questo “serve ritrovare l’identità”. Ma l’identità non è qualcosa che c’è in giro e la si trova. L’identità la si costruisce giorno dopo giorno, attraverso le azioni politiche, le decisioni, le azioni che mettiamo in campo.
Senza quindi guardare indietro, senza copiare ciò che si narra essere stati, ma guardando avanti, consapevoli che il contesto in cui viviamo è profondamente cambiato.
E io credo che ci siano alcune sfide cruciali che dobbiamo affrontare e per le quali agire presto costruendo appunto la nostra identità. E il Governo Draghi, se siamo bravi, può aiutarci.
Il lavoro è la prima sfida!
Il lavoro è valore, è chiave della cittadinanza, della coesione sociale e della sicurezza personale e famigliare. Dobbiamo essere il partito del lavoro, il partito dell’occupazione. E dobbiamo essere il partito di tutti i lavori: di quello dipendente e di quello autonomo, del lavoro precario, del lavoro creato dagli artigiani e dagli imprenditori. Senza creare contrapposizioni ideologiche del secolo scorso. Solo così possiamo diventare interlocutori di una società complessa. È grazie al lavoro e all’occupazione che si crea ricchezza, la si redistribuisce riducendo le disuguaglianze.
L’altra sfida prioritaria è quella che coinvolge i giovani! Lavori precari, redditi bassi, impossibilità di diventare autonomi dalla famiglia d’origine. Come alimentare speranza e sogni nelle nuove generazioni? Quali proposte concrete per aiutare le nuove generazioni a realizzarsi in Italia? Che tipo di formazione offriamo? Che qualità del lavoro garantiamo?
E affrontare queste due sfide vuole dire mettere al centro la scuola, l’ambiente e la transizione ecologica e la parità di genere, perché il futuro passa da questi assets strategici che sono strettamente connessi con le sfide di cui sopra.
Enrico Letto ieri ha ben sintetizzato queste sfide parlando di “debito ambientale”, “debito pubblico”, “debito demografico”. Ecco le nostre sfide, i debiti da cancellare e trasformare in opportunità.
In questi anni il PD è stato definito partito “baricentro”, partito “istituzionale”, partito “responsabile”. Non la vedo con negatività questa descrizione ma il rischio-risultato vero è stato quello di essere stato percepito come il partito del “potere”, o meglio dello “status quo”.
Se diciamo di essere (e vogliamo essere) il partito dei “riformisti” allora significa avere il coraggio sì di governare, ma di governare portando cambiamenti radicali, che smuovono gli equilibri consolidati.
Governando, avviando processi di innovazione vera che generano anche conflitti perché cambiano appunto lo “status quo”. Non è facile riformare il mercato del lavoro, non è facile riformare la scuola, non è facile promuovere politiche ambientali, non è facile promuovere nuovi diritti civili e sociali. Ma se ci arrendiamo siamo perdenti in partenza. Perde di senso il PD. Il partito che doveva e deve essere quello dell’ascensore sociale, quello del cambiamento, quello che deve alimentare sogni e speranze che poi si concretizzano nelle riforme che si fanno governando le istituzioni.
Prima di parlare di alleanze politiche dobbiamo pensare a noi stessi, essere attrattivi, tornare a far battere i “cuori”, a comunicare in modo chiaro le nostre idee, a spiegare cosa vogliamo fare per il futuro e non solo per il presente. Definito il ruolo del PD, la sua identità, allora poi pensiamo alle alleanze. A maggior ragione in questa fase in cui siamo in un governo di unità nazionale.
Essere un partito a “vocazione maggioritaria” non significa essere autosufficienti, ma significa parlare alla società intera, una società “liquida” senza riferimenti stabili come nel Novecento. Significa essere ambiziosi e coraggiosi, significa essere umili perché per parlare alla società intera vuole dire mettersi in ascolto di milioni di persone, uscire dal proprio orticello in cui si pensa di avere la “verità in tasca”. Vuol dire interrogarsi, cambiare le proprie convinzioni, trovare nuove sintesi.
COSA FARE DENTRO AL PD
E per fare tutto questo serve freschezza. Servono persone motivate. Servono anche tanti “nativi democratici” che non sono degli “ex” ma che sono nati nel PD credendo nel progetto del Lingotto del 2007 e che si sono “meticciati” tra loro e con chi veniva dalle esperienze partitiche costitutive il PD, persone che sono cresciute insieme in questi anni e hanno assistito spesso con dolore agli avvenimenti nazionali che ci hanno visto cambiare tanti segretari nazionali.
Serve un cambiamento nell’organizzazione del partito perché non possiamo farlo funzionare come funzionava prima dell’avvento dei social e della digitalizzazione che ha cambiato completamente il rapporto tra le persone, ha messo in evidenza il conflitto “realtà vs. percezione”. Quale ruolo possono avere i circoli oggi? In che forma? Con quali metodi di partecipazione e di comunicazione?
Serve un cambiamento nei processi di selezione della classe dirigente del partito. Se vogliamo aprirci e avvicinarci alle persone, se vogliamo eleggere le persone più credibili e apprezzate dalle persone nei nostri territori, non possiamo eleggere con le primarie solo il Segretario Nazionale del nostro partito. Qualora le leggi elettorali non prevedano le preferenze dobbiamo introdurre nuovi meccanismi di scelta dei nostri candidati territoriali. In tutte le province italiane è necessario valorizzare chi nei territori è cresciuto, ha tessuto relazioni, è cresciuto in competenze e in esperienze. Introduciamo metodi di selezione che premino il merito, il radicamento, le leadership positive che non agiscono in solitaria ma sanno fare squadra crescendo insieme ad essa.
Serve il coraggio nel partito di costruire organismi dirigenti (a tutti i livelli) che pur tenendo conto delle pluralità che nel PD esistono (e ben venga volendo rappresentare una società complessa) valorizzino persone capaci, leali, che si muovono non con spirito individuale ma con spirito collettivo.
Persone che siano convinte che la leadership in un partito (così come in tutte le organizzazioni) sia un valore aggiunto e non un qualcosa che riduce la dimensione collettiva. L’Io ed il Noi vanno tenuti insieme.
Tutti questi concetti che ci diciamo da anni, da quando il PD è nato, rimangono sfide ancora da affrontare.
Lavoro, Giovani, Scuola, Ambiente, Riformismo, Futuro, Comunità-Partito e molto molto altro.
Stiamo uniti e anche a Bergamo lavoriamo per cambiare, in meglio, il nostro partito!
Davide Casati – Segretario Provinciale PD Bergamo