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Persone con fragilità al Centro

Per una nuova visione del ruolo e dell’organizzazione della RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) e delle RSD (Residenze sanitarie per disabili) vi proponiamo qui di seguito il contributo di Michela Tintori, delegata della segreteria provinciale al Welfare di Comunità. L’emergenza Covid ha contribuito a mettere in luce evidenti criticità dell’attuale sistema di gestione delle fragilità, di cui le Rsa e le Rsd sono parte integrante. Per quanto riguarda gli anziani, questo sistema appare oggi costituito da “scatole e scatolette” definite, chiuse, iper-regolamentate dal punto di vista formale; risente di una visione statica della persona, che fatica a considerare la dinamicità e i cambiamenti che caratterizzano la vita dei nostri anziani. Oggi criticità e fragilità non durano settimane e neppure mesi, ma anni, durante i quali le persone sopra i 65 anni attraversano momenti diversi, migliorano e peggiorano, hanno un’autosufficienza variabile ed esigenze che mutano nel tempo, rendendo sempre più necessaria una presa in carico globale, un’analisi prospettica dei bisogni e interventi di case management dinamici e tempestivi per permettere loro di avere risposte adeguate e di supporto in ogni situazione. L’arrivo della pandemia ha mostrato che le “scatole” da cui passano oggi i nostri anziani (assistenza domiciliare, centro diurno, Rsa aperta, Rsa) presentano i limiti di un sistema chiuso e rigido. Serve incentivare una filiera che integri i sistemi della presa in carico della cronicità e della fragilità; questo ruolo potrebbe essere rappresentato dalla figura di un case manager che possa dare garanzie di professionalità, competenza e vicinanza. Questa figura avrebbe il compito di seguire il percorso dell’anziano passo dopo passo calibrando gli interventi sulla base delle autonomie della persona in stretta connessione con il sistema ospedaliero e mettendo in rete tutti i servizi. Prendersi cura delle persone fragili significa prendersi in carico anche tutto il suo sistema familiare; le famiglie, sempre più disorientate, non vanno più lasciate sole ma vanno rese partecipi e responsabili di questo processo. La figura del case manager potrebbe essere di aiuto anche in questo senso; potrebbe garantire quella vicinanza di cui le famiglie hanno profondamente bisogno e fortemente diritto.  Per realizzare questa proposta di sistema, che renda dinamici e innovativi i servizi esistenti, serve una guida regionale che investa nuovi fondi. In quest’ottica le Rsa potranno trasformarsi, opportunamente adattate, in una sorta di Centri di Servizio in grado di garantire, oltre che una residenzialità importante, una serie di proposte di “welfare leggero” rispondenti ai bisogni di assistenza quotidiana, di vicinanza, di relazione sociale. Le Rsa, quindi, riassumerebbero un ruolo sociale all’interno delle comunità territoriali. Questa trasformazione delle Rsa valorizzerebbe, inoltre, ciò che la pandemia ha sviluppato in termini di digitalizzazione e utilizzo delle tecnologie, non solo per la comunicazione con l’esterno ma anche e soprattutto per la telemedicina. Serve, inoltre, un profondo rinnovamento dei sistemi di classificazione -SOSIA e SIDI- che valorizzi i risultati di salute e autonomia degli ospiti. Michela Tintori
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