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Shoah e foibe, riflettiamo senza grida e proclami ideologici

L’iniziativa del Comune di Bagnatica di intitolare un’aula delle scuole medie alle vittime delle Foibe e della Shoah ha provocato alcune polemiche contrapposte e reazioni forse eccessive, rispetto alle quali il Partito Democratico della Provincia di Bergamo – evitando grida e proclami ideologici – ritiene di rispondere con una riflessione pacata volta ad aprire un confronto rispettoso tra tutti. Pensiamo che la nostra comunità non possa, non debba e non voglia dimenticare: non perché ci anima il risentimento, ma perché vogliamo che le tragedie del passato non si ripetano in futuro. Al contempo, la responsabilità che avvertiamo nei confronti dei giovani ci impone di tramandare loro la consapevolezza di avvenimenti che costituiscono parte integrante della nostra storia. Tuttavia solo un uso oculato della memoria – che ne eviti la sacralizzazione o la rivendicazione di un monopolio sulle interpretazioni e sugli usi legittimi della memoria stessa – ci può aiutare a guardare al passato con sguardo lucido, a riconoscerci nella nostra identità, a radicarci nei valori fondanti della democrazia per costruire un futuro nuovo e migliore. Sosteniamo, ancor più oggi con stessa intransigenza, che l’odio e la pulizia etnica sono stati il più abominevole corollario delle tragedie del Novecento, in un’Europa condotta alla guerra da regimi dittatoriali portatori di perverse ideologie razziste, che hanno distrutto la vita di milioni di persone, dilaniato intere nazioni, rischiato di inghiottire la stessa civiltà europea. In questa notte della storia, connotata da tragedie e di orrori, si situa anche l’esodo forzato dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati e l’eccidio che si realizzò nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945, laddove contadini, militari, sacerdoti, donne, insegnanti, partigiani, antifascisti, persino militanti comunisti conclusero tragicamente la loro esistenza uccisi per mano delle milizie titine in esecuzioni sommarie o addirittura gettati, vivi o morti, nelle profondità delle foibe. Come hanno saggiamente scritto sia Primo Levi che Elie Wiesel, “comprendere è impossibile; conoscere è necessario”. La conoscenza tuttavia ci conduce ad evitare le manipolazioni di una memoria conciliata, per riconoscere che anche le divisioni e i conflitti sono parte fondante e innegabile per costruire verità e nuove identità nel solco dei valori dell’europeismo e del rifiuto dell’intolleranza. Come ha ammonito il grande scrittore triestino Claudio Magris “l’eguaglianza delle vittime non significa eguaglianza delle cause per cui sono morte. […] Le vittime delle foibe – alcune delle quali, antifascisti militanti, sono cadute per mano di coloro che consideravano amici e alleati nella lotta contro il nazifascismo – non valgono meno delle vittime della Shoah. Ma non si possono storicamente equiparare le Foibe alla Shoah […] perché in un caso si è trattato del pianificato progetto di sterminio di un popolo intero e nell’altro di una violenza nazionalista-sociale-ideologica, simile a tanti altri episodi accaduti in analoghe circostanze di guerra e di collasso civile, ma non per questo certo meno orribile o più giustificabile”. Riteniamo dunque che il Giorno del Ricordo, nato per commemorare le vittime italiane delle foibe, meriti rispetto, attenzione, legittimazione della sofferenza subita e di cui tramanda la memoria, ma non debba diventare espressione di una memoria pubblica competitiva e di segno contrario rispetto a quella della Shoah. Per questo tutti i rappresentanti delle istituzioni italiane (da quelle nazionali a quelle locali) devono sempre lavorare per costruire una “cultura della memoria” ma evitando di ingenerare il rischio di mimetizzare i chiaro-scuri della storia, sterilizzando quelle ragioni di conflitto che incluse nel confronto politico e sociale divengono fattore di crescita e di integrazione in una società democratica. Se è vero dunque che il passato è materia viva per il presente, al contempo esso può diventare molto insidioso quando la memoria viene separata dalla storia. Per tale motivo non bisogna mai smarrire la consapevolezza del legame tra storia e memoria, indispensabile per valorizzare i tratti più nobili della nostra storia e per consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, di libertà, di tolleranza, di solidarietà della nuova Europa nata dal rifiuto dei nazionalismi aggressivi e oppressivi, da quello espressosi nella guerra fascista a quello espressosi nell’ondata di terrore jugoslavo in Venezia Giulia.   Per il Partito Democratico di Bergamo Davide Casati – Segretario Provinciale Stefano Rossi – Resp. Formazione  
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