Tra oltre duemila cantieri di edilizia scolastica riaperti in queste ore in tutt’Italia, la viceministra all’Istruzione Anna Ascani ha scelto ieri di essere a Scanzorosciate. Una presenza non scontata, «un segnale per un territorio, come quello della provincia di Bergamo, fortemente colpito dall’emergenza sanitaria – sottolinea -. In queste settimane abbiamo visto che la scuola non si è fermata. Da oggi dimostriamo che non si arresta neanche l’impegno per rendere ogni istituto sicuro e sostenibile. Siamo convinti che anche questo aspetto sia centrale per la ripartenza, della scuola e dei territori. Perché la ripresa dei cantieri è fondamentale anche per dare ossigeno al mondo produttivo messo a dura prova».
Con le scuole chiuse si potrà accelerare sulle opere di edilizia scolastica?
«Al Ministero stiamo lavorando con Regioni, Comuni e Province per sburocratizzare e rendere disponibili più velocemente le risorse per l’edilizia scolastica, per sfruttare al meglio anche questo momento di sospensione delle attività didattiche. I fondi ci sono, ma vogliamo che si trasformino presto in cantieri: non c’è un minuto da perdere, se vogliamo garantire a ogni giovane una formazione di qualità».
Esame di Stato in presenza: quali sono i benefici per gli studenti e come gestire i rischi?
«Sono convinta che l’Esame di Stato sia un momento importante per ogni studente. Il Comitato tecnico scientifico ha dato il via libera per una Maturità in presenza e credo che per i ragazzi sia un bene potersi sedere davanti ai loro insegnanti e dimostrare quanto hanno appreso negli anni. Tutto verrà predisposto per garantire la massima sicurezza: un orale in cui sarà assicurato il distanziamento necessario, nelle aule più capienti. Abbiamo sospeso l’attività didattica per preservare comunità scolastiche e famiglie, anche in questo caso il nostro obiettivo è non mettere a rischio nessuno».
E a settembre come varrà garantita la sicurezza?
«Le ipotesi sono ancora al vaglio degli esperti e finora abbiamo solo proposte, niente di definitivo. Ci troviamo di fronte a scelte complesse, che riguardano tutti i Paesi coinvolti dall’emergenza. E non c’è una ricetta facile da applicare. Per la ripartenza stiamo lavorando sia in termini di diversificazione delle metodologie didattiche, sia di adattamento degli spazi. Più che dividere le classi a metà, con una parte degli studenti a scuola e una parte a casa, preferisco la proposta di un ampliamento dell’offerta formativa, soprattutto per il primo ciclo: gli alunni potrebbero essere coinvolti in attività in altri spazi o all’aperto. È un’ipotesi alla quale stiamo lavorando anche con i territori e il terzo settore. E che agevolerebbe le famiglie».
Il Ministero sta anche lavorando a un piano per l’infanzia, da attuare già per i prossimi mesi.
«È un Piano che stiamo definendo con il Ministero della Famiglia, con quello del Lavoro e altri soggetti. Mentre i più grandi hanno potuto beneficiare della didattica a distanza, i bambini più piccoli sono stati privati della socialità. Per questo puntiamo a far partire questo Piano già dalle prossime settimane, attraverso l’utilizzo degli spazi che vengono riaperti, come i parchi pubblici, e l’impiego di figure specializzate come gli educatori, dando la possibilità di riunire piccolissimi gruppi di bambini. Poi da giugno-luglio, invece, immaginiamo di far ripartire le attività, sempre per piccoli gruppi e su base volontaria, per sostenere i genitori che devono lavorare in presenza e che così possono lasciare i propri figli in sicurezza».
Questi mesi hanno rappresentato un grande cambiamento. Ma sarà questa la scuola del futuro?
«Io credo che se vogliamo veramente che questa crisi diventi un’opportunità, dobbiamo mettere al centro – e sul serio – la questione educativa. La scuola che verrà sarà diversa, perché diverso sarà il nostro modo di agire in una società che convive con un virus. E sarà diversa rispetto a quella tradizionale, ma anche rispetto a quella sperimentata in questi mesi di emergenza. Dobbiamo trovare nuove vie».
Quali?
«La didattica a distanza ha dato risultati migliori di quelli che potevano essere immaginati, ma da sola non può bastare. La scuola è comunità ed è necessario garantire una formazione in presenza. E per farlo dovremo abbandonare logiche superate, come quella dei “programmi” che non esistono più da 20 anni, per approdare a metodologie che potenzino sempre più le competenze. Ci vuole coraggio, soprattutto di evitare scorciatoie. Ma il momento è adesso: o buttiamo il cuore oltre gli ostacoli e investiamo tutto sull’educazione o perderemo un’occasione. In fondo abbiamo un debito nei confronti del sistema scolastico: in queste settimane ha dimostrato di essere vitale per il funzionamento del nostro Stato, continuando a tessere relazioni indispensabili per la tenuta di tutta la nostra società. Adesso tocca a tutti noi dimostrarci all’altezza».
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