Misiani: “Il taglio del cuneo fiscale parta dai lavoratori più poveri”
“Il taglio del cuneo fiscale è una delle priorità della prossima manovra di bilancio. Lo è dal punto di vista dell’equità sociale ma anche per rilanciare la domanda e favorire la ripresa dell’economia. Dobbiamo iniziare a farlo il prima possibile, utilizzando tutti gli spazi di bilancio disponibili.
La prossima
legge di bilancio sarà condizionata dalla necessità di bloccare l’enorme aumento Iva ereditato dai precedenti governi: 23 miliardi di euro nel 2021, che salgono a quasi 29 miliardi a decorrere dal 2021. Tenendo conto anche del finanziamento delle cosiddette “politiche invariate” gli spazi per nuovi interventi nel 2020 sono molto ristretti. La
Nota di aggiornamento va letta in un’ottica pluriennale: alla riduzione del cuneo fiscale (a totale vantaggio dei lavoratori, come sta scritto nel programma del nuovo governo) sono destinate risorse pari a circa 0,15 punti di Pil nel 2020, che raddoppiano dall’anno successivo.
La priorità, in questo contesto, è iniziare da chi ha più bisogno: i dipendenti “incapienti”. Sono 3 milioni e 700 mila occupati che dal 2008 ad oggi hanno visto diminuire il proprio reddito pro-capite (secondo i dati del Mef il reddito complessivo dei dipendenti e assimilati che dichiarano fino a 7.500 euro si è ridotto del 4,5% tra il 2008 e il 2017, a fronte di un +5,4% dell’insieme dei dipendenti), sono rimasti esclusi dal bonus 80 euro di Renzi e solo in piccola percentuale beneficiano del reddito di cittadinanza.
È un universo di “working poors”: lavoratori poveri spesso precari, part time involontari, collaboratori a basso reddito, dipendenti con salari orari da sfruttamento. In tantissimi casi giovani. Un fenomeno più diffuso in Italia, rispetto alla media europea.
L’introduzione di un salario minimo attraverso l’estensione erga omnes dei minimi previsti dai contratti di lavoro maggiormente rappresentativi può essere uno strumento importante, mettendo fuori gioco i contratti “pirata” che legittimano paghe orarie da fame.
Ma possiamo e dobbiamo aiutare i “lavoratori poveri” anche utilizzando lo strumento fiscale, come fanno da tempo Paesi avanzati come gli Stati Uniti (con l’Earned Income Tax Credit) e il Regno Unito. L’introduzione anche in Italia di un’imposta negativa a favore dei dipendenti incapienti avrebbe effetti molto positivi di aumento delle retribuzioni più basse, riduzione delle disuguaglianze, stimolo dell’offerta di lavoro e aumento dei consumi.
Questa misura potrebbe essere il primo passo dell’intervento complessivo di riduzione della tassazione sui lavoratori per aumentare le retribuzioni nette contenuto nel programma di governo e confermato dalla Nota di aggiornamento. Le risorse attualmente previste nel quadro triennale della manovra possono essere incrementate trovando coperture aggiuntive. L’abbattimento dell’
evasione fiscale e della spesa per interessi sul debito pubblico, due tra i principali obiettivi del nuovo governo, rappresentano la via maestra per aprire spazi ulteriori di riduzione della pressione fiscale, a partire da quella che grava sui lavoratori”.
Così
Antonio Misiani, viceministro dell’Economia, su
huffingtonpost.it